Quando
si parla di videogiochi, soprattutto chi non ha mai giocato collega
automaticamente, e semplicisticamente, la violenza ai games “sparatutto”.
Questo genere di videogiochi è solitamente criticato dagli adulti perché credono
che diano modelli di comportamento negativi ai ragazzi.
Ma
cosa è la violenza se non un comportamento umano volto a far del male alle
persone? I videogiochi non sono violenti in sé, ma sono soltanto la
rappresentazione della violenza presente nel mondo.
Appare
semplice e scontato accostare il giovane autore di una strage e le copie di games
“sparatutto” come Gta, Call of duty, Battlefield o Medal of honor che possono
essere trovate nella sua consolle di gioco. È facile collegare alla finta
violenza dei videogiochi la violenza della vita reale. Ma non è così semplice
collegare uno squilibrio mentale o la cattiveria di una persona al videogioco
che utilizza. L’influenza dei videogames nella manifestazione della violenza da
parte dei ragazzi sembra, infondo, minima.
La
violenza esiste, senza dubbio, nel mondo reale e i videogames si ispirano a
questa realtà.
Ma
va sottolineata una differenza molto importante. Quando si finisce di giocare
ad un gioco di guerra basta spegnere la console e nella realtà non è successo
niente; invece quando finisce una guerra reale ci sono milioni di morti, perché
la guerra non l’ha creata un’azienda che produce videogames “sparatutto” ma
l'ha creata l'uomo.
I
games “sparatutto” rappresentano solo un modo per dare libero sfogo alla
propria immaginazione ed evadere dalla realtà in modo alternativo.
Tutti
i giochi “violenti” hanno il Pegi 18 (un’indicazione sull’adeguatezza del
contenuto del gioco per la protezione dei minori, ndr). Il Pegi è un consiglio
e in molti Stati un obbligo; ma renderlo un obbligo sembra superfluo perché
sono pochi i minorenni che vanno da soli a comprare un videogioco. Molto spesso
i ragazzi sono accompagnati dai genitori che sceglieranno, leggendo il Pegi, cosa
è giusto per i propri figli.
In
definitiva il compito fondamentale di decidere cosa sia adatto ad un ragazzo spetta
principalmente ai genitori e non alle leggi dello Stato.
Loris
Buratti, 1ªD - Matteo Loparco, 1ªD
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