Prova

Il giornale online dell'ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO per i SERVIZI ALBERGHIERI e della RISTORAZIONE di San Pellegrino Terme (BG)

Realizzato dagli alunni delle classi 1ªF, 1ªD e 2ªD coordinati dal prof. Giuseppe Ippolito

Dirigente scolastico: prof. Brizio Luigi Campanelli

mercoledì 13 gennaio 2016

I games "sparatutto" rappresentano la violenza del mondo reale?

Quando si parla di videogiochi, soprattutto chi non ha mai giocato collega automaticamente, e semplicisticamente, la violenza ai games “sparatutto”. Questo genere di videogiochi è solitamente criticato dagli adulti perché credono che diano modelli di comportamento negativi ai ragazzi.
Ma cosa è la violenza se non un comportamento umano volto a far del male alle persone? I videogiochi non sono violenti in sé, ma sono soltanto la rappresentazione della violenza presente nel mondo. 


Appare semplice e scontato accostare il giovane autore di una strage e le copie di games “sparatutto” come Gta, Call of duty, Battlefield o Medal of honor che possono essere trovate nella sua consolle di gioco. È facile collegare alla finta violenza dei videogiochi la violenza della vita reale. Ma non è così semplice collegare uno squilibrio mentale o la cattiveria di una persona al videogioco che utilizza. L’influenza dei videogames nella manifestazione della violenza da parte dei ragazzi sembra, infondo, minima.
La violenza esiste, senza dubbio, nel mondo reale e i videogames si ispirano a questa realtà.
Ma va sottolineata una differenza molto importante. Quando si finisce di giocare ad un gioco di guerra basta spegnere la console e nella realtà non è successo niente; invece quando finisce una guerra reale ci sono milioni di morti, perché la guerra non l’ha creata un’azienda che produce videogames “sparatutto” ma l'ha creata l'uomo.
I games “sparatutto” rappresentano solo un modo per dare libero sfogo alla propria immaginazione ed evadere dalla realtà in modo alternativo.
Tutti i giochi “violenti” hanno il Pegi 18 (un’indicazione sull’adeguatezza del contenuto del gioco per la protezione dei minori, ndr). Il Pegi è un consiglio e in molti Stati un obbligo; ma renderlo un obbligo sembra superfluo perché sono pochi i minorenni che vanno da soli a comprare un videogioco. Molto spesso i ragazzi sono accompagnati dai genitori che sceglieranno, leggendo il Pegi, cosa è giusto per i propri figli.
In definitiva il compito fondamentale di decidere cosa sia adatto ad un ragazzo spetta principalmente ai genitori e non alle leggi dello Stato.

Loris Buratti, 1ªD - Matteo Loparco, 1ªD

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