Il
gioco d’azzardo è un fenomeno che si espande a macchia d’olio, in Italia come
nel resto del mondo. Sono più di 30 milioni gli Italiani che, nell’ultimo anno,
hanno giocato almeno una volta.
Nella
sua forma grave, definita ludopatia o gioco d’azzardo patologico (Gap), questa
problematica colpisce circa un milione e mezzo di persone in Italia (il 3%
della popolazione adulta).
Ad
essere maggiormente interessati da questo problema, secondo una ricerca
dell’Eurispes, sono soprattutto i ceti medio-bassi, i disoccupati e gli
anziani. E ancor di più preoccupano i dati che descrivono il coinvolgimento nel
gioco degli under 18: nel 2009 il problema del gioco ha interessato quasi
600.000 minorenni, con un incremento annuo stimato intorno al 13%. Di questi,
inoltre, addirittura il 10% soffrirebbe di una problematica a rischio
psicopatologico.
L’aumento
dei giocatori compulsivi consente allo Stato italiano di fare affari d’oro: nel
solo 2011 le entrate derivanti dai giochi autorizzati dai Monopoli di stato
ammontano a 13,5 miliardi di euro. In Italia esistono 400.000 macchine da gioco
nei locali (il 15% in più rispetto agli altri stati dell’Unione Europea, ndr).
A questo stato di cose va aggiunta la possibilità di accedere al gioco 24 ore
su 24 offerta dal recente fenomeno dei siti web e dei casinò online.
Il
gioco d’azzardo patologico è riconosciuto come una vera e propria malattia
dall’Organizzazione mondiale della sanità da molti anni; viene considerata una
“dipendenza senza droga”, un disturbo assimilabile sotto molti aspetti (ad
esempio per l’assuefazione e i sintomi d’astinenza) all’alcolismo, alle
tossicodipendenze e al tabagismo.
Il
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm) individua diversi
sintomi che consentono di capire quando si tratta di una vera forma patologica;
tra i comportamenti a rischio del giocatore vanno annoverati il coinvolgimento
sempre maggiore nel gioco, il puntare somme di denaro sempre più alte, l’essere
irrequieto ed irritabile se smette di giocare o prova a farlo di meno, il
ricorrere al gioco per fuggire dai problemi, l’“inseguire” le perdite (giocare
per rifarsi, ndr). E spesso il giocatore compulsivo arriva a compromettere
relazioni importanti e ad avere problemi sul lavoro, a scuola; non va
dimenticato poi che spesso per finanziare il gioco si giunge ad assumere
condotte di vita illegali.
Per
guarire da questo genere di dipendenza bisogna seguire una precisa terapia per
far capire al soggetto di essere ammalato.
Nicolò Chiappa, 2ªD - Alessandro
Sorte, 2ªD - Andrea
Rota, 2ªD
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