La
pubblicità che alza il volume anche se non potrebbe, quella più discreta, la
pubblicità che invade gli spazi privati, la pubblicità che si mette sempre di
mezzo tra sé e la programmazione televisiva, la pubblicità che prova gusto nel ridicolizzare le persone
e la loro intelligenza… Un tempo quella
trasmessa dopo il Carosello costituiva un modello di propaganda molto
diverso dall’attuale perché rappresentava un prototipo cui anche l’arte
contemporanea decise di ispirarsi. Dei bambini
sorridenti che sponsorizzavano l’aranciata “San Pellegrino” immersi
in paesaggi colorati: la pubblicità di
oggi è ben diversa, più articolata, strutturata in una certa maniera per
colpire l’attenzione dello spettatore, spesso anche più volgare ed esplicita e
dunque meno elegante e discreta.
La pubblicità, a partire dagli anni ‘80, ha contribuito a diffondere uno stile di vita e di relazioni insostenibile. Ha reso le persone peggiori di quanto avrebbero potuto essere. È corresponsabile della piega criminale che sta prendendo questo mondo. E i complici di tutto ciò chi sono? I telespettatori che, loro malgrado, la subiscono.
E la donna, in tutto questo, quale ruolo
riveste?
Oggi
non c’è pubblicità che non introduca l’immagine femminile per esprimere un
concetto o per promuovere un prodotto. Non esiste più l’immagine della donna
mamma di famiglia impeccabile, moglie invidiabile ma la proiezione di ciò che
la donna è diventata, trincerata e costipata in una pluralità di ruoli
utilizzati in tutti i modi nelle pubblicità. La figura femminile ha assunto
sempre più un ruolo fondamentale. Ma a quale prezzo? Attraverso l’analisi condotta
presso il “Museo della pubblicità”, all’interno del “Museo d’arte
contemporanea” a Torino, si è consultato l’archivio dove sono presenti la
maggior parte degli spot di Carosello. Interessante è stato capire in che modo
venissero concepite le donne nella realtà mediale, specchio di quella sociale.
La condizione della donna di quel
periodo è andata pian piano scemando nel corso degli anni, specialmente nel
corso degli anni Settanta quando la donna ha iniziato a cambiare socialmente.
Questo lasso di tempo è stato fondamentale per arrivare alla nostra
contemporaneità, non solo per una netta diminuzione del maschilismo, ma anche
per traguardi sociali e giuridici importanti.
La
troviamo protagonista nella maggior parte degli spot ed è connotazione di molti
prodotti rivolti agli uomini. Non è quindi solo colei che consiglia articoli di
pulizia o per l’alimentazione, ma ad esempio è anche chi personifica una birra,
una moto o un’auto.
L’
immagine femminile viene utilizzata per incrementare e pubblicizzare le
vendite. Sebbene si cerchi di offrire l’immagine di una donna sicura di sé e
indipendente, viene invece presentato il modello della donna oggetto e
accennato il ruolo di inferiorità della stessa rispetto al mondo maschile.
Appaiono sempre più snelle, belle, sensuali, eleganti, con forme perfette tanto
da incrementare sentimenti di
insoddisfazione da parte di tutte le donne costrette a subire l’immagine di una
perfezione “astratta” che nella realtà non esiste. La donna presente nel
messaggio pubblicitario si annulla in
quanto persona, diventando oggetto. E la donna, nonostante sia spesso al centro
della critica, preferisce rimanere in questa posizione, accettando tutti i
pericoli e soprattutto le perplessità che tutto ciò comporta!
Aminata
Diallo, 2ªD - Julia
Mussetti, 2ªD - Marylin
Carnieletto, 2ªD
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