Prova

Il giornale online dell'ISTITUTO PROFESSIONALE di STATO per i SERVIZI ALBERGHIERI e della RISTORAZIONE di San Pellegrino Terme (BG)

Realizzato dagli alunni delle classi 1ªF, 1ªD e 2ªD coordinati dal prof. Giuseppe Ippolito

Dirigente scolastico: prof. Brizio Luigi Campanelli

mercoledì 13 gennaio 2016

Le bombe dell'Isis pagate con l'oro nero

Supera i due miliardi di dollari il patrimonio dell’Isis (l’Islamic state of Iraq and Syria, ndr), l’organizzazione terroristica islamica che fa tremare tutto il mondo occidentale. Grazie al business del petrolio lo Stato Islamico guadagna circa tre milioni di dollari al giorno; ma l’oro nero non rappresenta l’unica fonte di finanziamento. La bandiera nera, infatti, non sventola solamente sui pozzi di petrolio.




Il simbolo dell’Isis è, infatti, una bandiera nera sulla quale è impressa una scritta bianca in lingua araba; al di sotto c’è una figura circolare di color bianco con all'interno una scritta nera sempre in lingua araba. Queste due frasi rappresentano la Shahada, la professione di fede islamica: “Non c’è divinità se non Dio”, “Maometto è l’Inviato di Dio”.
Il vessillo dei terroristi ha sventolato, nell’agosto del 2014, sulla città di Mosul quando i terroristi hanno prelevato l’intera riserva della banca locale, una cifra vicina ai 500 milioni di dollari.
Altra fonte di finanziamento sono i rapimenti di ostaggi con lo scopo di ottenere ingenti riscatti, ma non sempre gli Stati si piegano a queste richieste e quindi spesso si arriva all’uccisione degli ostaggi.
Il patrimonio dell’Isis viene anche alimentato dai soldi e dai beni archeologici rubati durante i saccheggi che seguono le operazioni militari. Ma tante sono ancora le attività illecite ancora sconosciute che finanziano i terroristi islamici.
Ad alimentare le casse dello Stato islamico ci sarebbero – come credono in tanti – anche i soldi provenienti dalle élite sunnite dell’Arabia Saudita, del Kuwait e degli altri Stati del Golfo Persico.
Ingenti anche le donazioni private che passano attraverso il confine turco-siriano come spigato dal Washington Post.


David Marta, 1ªD

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